La fine che coincide con un nuovo inizio: quale, non si sa. Era il 98’ meno sette secondi, quando Calafiori ha «esalato» l’ultima preghiera e Zaccagni l’ha esaudita: 1-1, Italia agli ottavi (sabato con la Svizzera), Croazia all’inferno. E’ il calcio, e il risultato ci sta tutto, al di là del pathos e della consecutio temporum. Avanti, c’erano andati i croati, con Modric (39 anni il 9 settembre): prima il rigore, di destro, sventato da Donnarumma (il migliore, ancora); poi, di sinistro, poco dopo e dopo, soprattutto, l’ennesima paratona del Gigio su Budimir. Il centravanti cui è ridotto Dalic.
In casi del genere, scritto che la Croazia continuiamo a non batterla, il risultato inghiotte tutto, la personalità carente, la qualità modesta, le scelte (Di Lorenzo e Jorginho titolari, di nuovo), quel senso di sbadigliante impotenza che ci ha accompagnato per un’ora: sino, cioè, alla pugnalata improvvisa di Luka. Il miracolo di Livakovic sull’incornata di Bastoni sembrava un indizio: invece no, fu un cerino spento da un soffio di noia.
Spalletti aveva cambiato modulo, dal 4-2-3-1 al 3-5- 2, e, una volta sotto, ha affiancato a Retegui tutta l’artiglieria: Scamacca, Chiesa, Zaccagni. C’è stato spazio persino per Fagioli. Spaccato l’equilibrio, la Croazia si è difesa a catenaccio. L’ingresso di Budimir le aveva offerto un minimo di fisicità in area, ma se non esci mai dall’accampamento, rischi che prima o poi qualcosa succeda. Ed è successo. Mentre il ct ritirava Modric, e Brozovic sbuffava, la paura dei nostri è diventata coraggio e disperazione. Donnarumma, certo. E Calafiori: ammonito, salterà la sfida con Ndoye. Dall’autogol con le furie all’azionissima di Lipsia. Testa alta, gran visione. E quel destro a giro, delpieresco, di Zaccagni. Non tutte le «salme» finiscono in gloria: questa , sì. Fiuuuuuuuuuuuuu.