L’inizio dalla fine

Roberto Beccantini24 giugno 2024

La fine che coincide con un nuovo inizio: quale, non si sa. Era il 98’ meno sette secondi, quando Calafiori ha «esalato» l’ultima preghiera e Zaccagni l’ha esaudita: 1-1, Italia agli ottavi (sabato con la Svizzera), Croazia all’inferno. E’ il calcio, e il risultato ci sta tutto, al di là del pathos e della consecutio temporum. Avanti, c’erano andati i croati, con Modric (39 anni il 9 settembre): prima il rigore, di destro, sventato da Donnarumma (il migliore, ancora); poi, di sinistro, poco dopo e dopo, soprattutto, l’ennesima paratona del Gigio su Budimir. Il centravanti cui è ridotto Dalic.

In casi del genere, scritto che la Croazia continuiamo a non batterla, il risultato inghiotte tutto, la personalità carente, la qualità modesta, le scelte (Di Lorenzo e Jorginho titolari, di nuovo), quel senso di sbadigliante impotenza che ci ha accompagnato per un’ora: sino, cioè, alla pugnalata improvvisa di Luka. Il miracolo di Livakovic sull’incornata di Bastoni sembrava un indizio: invece no, fu un cerino spento da un soffio di noia.

Spalletti aveva cambiato modulo, dal 4-2-3-1 al 3-5- 2, e, una volta sotto, ha affiancato a Retegui tutta l’artiglieria: Scamacca, Chiesa, Zaccagni. C’è stato spazio persino per Fagioli. Spaccato l’equilibrio, la Croazia si è difesa a catenaccio. L’ingresso di Budimir le aveva offerto un minimo di fisicità in area, ma se non esci mai dall’accampamento, rischi che prima o poi qualcosa succeda. Ed è successo. Mentre il ct ritirava Modric, e Brozovic sbuffava, la paura dei nostri è diventata coraggio e disperazione. Donnarumma, certo. E Calafiori: ammonito, salterà la sfida con Ndoye. Dall’autogol con le furie all’azionissima di Lipsia. Testa alta, gran visione. E quel destro a giro, delpieresco, di Zaccagni. Non tutte le «salme» finiscono in gloria: questa , sì. Fiuuuuuuuuuuuuu.

Halleluia

Roberto Beccantini23 giugno 2024

Non si può non cominciare dall’Halleluia di Sinner e del doppio Bolelli-Vavassori, vincitori sull’erba tedesca di Halle, per poi passare a un’altra erba, quella di Francoforte, dove soltanto al 91’ la Germania ha raggiunto una Svizzera non proprio in versione Federer ma capace per un’ora abbondante di controllare e respingere, in bellezza, la monotonia «relazionale» (sic) dei tedeschi. Persino di Kroos. E addirittura di Gundogan.

Così: 1-1. Germania prima, Svizzera seconda. In copertina, Ndoye (firmatario del gol su invito di Freuler: alé Bologna!), Akanji e Xhaka, autore di una «curva» che avrebbe potuto garantire il raddoppio (ma Neuer è Neuer, meine Damen und Herren). Il pareggio l’ha siglato Fullkrug, il centravanti-ciccia, di testa, su cross di Raum: due cambi. Mossa, quella dell’Altafini del Borussia Dortmund, che – dal mio divano – avrei fatto molto prima, vista la notte di Havertz. Ma il divano non è la panchina.

La Germania è stata Musiala sino all’arrembaggio finale, quando i corpo a corpo hanno relegato gli elvetici sugli scogli. Nagelsmann era partito con la solita «tipo». Calcio piatto, attorno a troppe mischie e a qualche dribbling, unica variante di lavagna. E di ritmo. Yakin è percepito come un Normal-one, ma proprio questa è la sua forza. Gioca bene, la Svizzera, «bene» per l’organizzazione e la volontà di rispondere, sempre, colpo su colpo. Magari, in alcune situazioni, Embolo e c. avrebbero potuto, e forse dovuto, essere più incisivi sotto porta, ma non si può avere tutto (e tutti). Ndoye, comunque, un palo lo aveva scheggiato.

Il Var ha spinto un Orsato dal metro «inglesissimo» a graziare Sommer sul tiro-gol di Andrich: per una pedatina di Musiala a monte. La video-assistenza, ancora, ha cancellato il 2-0 di Vargas per l’ormai canonico fuorigioco di un piede. Negli ottavi, se ci si qualifica come credo, ci toccheranno i diversamente Roger. Occhio.

Il passator cortese

Roberto Beccantini22 giugno 2024

Si procede di buona lena, all’europea. Veniva, il Belgio, dal k.o. con la Slovacchia; e la Romania, dal 3-0 all’Ucraina. Morale: 2-0. Tielemans subito, su sponda di Lukaku, e De Bruyne alla distanza, su topica di Burca. Intanto, a proposito: Var tre Lukaku zero. Terzo gol annullato, il secondo per offside «scemi-automatico» (un po’ di scarpa). Tedesco aveva ridisegnato la squadra: Tielemans, uno dei nuovi. Doku ha un dribbling che non può non agitare emozioni, ma esagera nello specchiarsi. Partita in pugno, De Bruyne a cavallo, per come indica cosa fare e per come, quando è il suo turno, lo fa. Romeni fragili dietro, e sullo 0-1 Man trova in Casteels le corazza di Courtois.

** A Dortmund, Turchia-Portogallo 0-3 (Bernardo Silva, Akaydin autorete, Bruno Fernandes). Il fado è tratto. Montella rinuncia all’asilo (Arda Guler, Yildiz), Çalhanoglu scompare fra le onde, Bernardo apre, Bruno chiude. In mezzo, un autogol iconico. Mentre Cristiano e Joao Cançelo si mandano amabilmente a quel paese, Akaydin tocca al portiere che, scampato il pericolo, stava uscendo giulivo. Dietro front di entrambi, a tutto gas: troppo tardi. Segnali: Leao, secondo giallo per simulazione (darsi una regolata, no?); Cierre rinuncia al gol pur di offrire l’onore a Bruno Fernandes. Da egolatra a passator cortese: pasta di capitano. Ah, l’età…

** Ad Amburgo, Georgia-Repubblica Ceca 1-1 (Mikautadze su rigore, Schick). Alla garibaldina, fra mosse e scosse, sprazzi di Kvara, mani-comio e penalty varista che manda avanti i georgiani. Poi il pari – non molto chic, a dire il vero – di Schick (di petto, a mezzo metro dal gesso della porta). Il ceco esce per infortunio, come Kvara. E in flagrante contropiede, al 95’, Lobzhanidze si mangia il gol che avrebbe potuto trasformare l’acqua in vino, la cronaca in storia.